AL HASSAKA – 24.11.2019 – È vivo e si trova detenuto

in una prigione curda Mohamed Koraichi, il foreign fighter italiano di origine marocchina balzato nel 2016 agli onori delle cronache nazionali per essere il contatto della sorella Wafa, allora residente a Baveno, che favoriva il reclutamento di nuovi combattenti dell’Isis. Di Mohamed, 34 anni, s’erano perse le tracce mentre su di lui -e sulla sua rete italiana- indagavano i carabinieri del Ros di Milano. Nell’aprile del 2016 scattò il blitz che portò all’arresto della sorella di 24 anni, inserviente in un albergo di Baveno, dove viveva col marito pizzaiolo e il figlio in fasce, e di altre tre persone: Abderrahim Moutaharrik e la moglie Salma Bencharki, di Lecco; e Abderramane Karchia, residente nel Varesotto. Accusati di terrorismo, sono stati condannati in via definitiva. Wafa, che fungeva da tramite con il fratello fornendo alla coppia di Lecco la tazkia, l’investitura del Califatto per permettere agli aspiranti foreign fighter di partire per la Siria e per combattere per l’Isis, è stata condannata in via definitiva a tre anni e quattro mesi ed è stata espulsa dall’Italia.

La notizia che Mohamed, giunto in Italia nel 2003, è vivo, l’ha data in questi giorni l’inviato del Giornale Fausto Biloslavo, che l’ha individuato in una prigione curda della zona di Al Hassaka e che l’ha intervistato, raccogliendone le preoccupazioni sul suo futuro e il desiderio di rientrare nel nostro Paese. Koraichi smentisce di essere stato un combattente e afferma di essere andato nel Califfato con la moglie e i figli per vivere secondo la vera fede musulmana. Ma su di lui i carabinieri hanno prove circostanziate, non solo del suo addestramento come foreign fighter, ma anche della sua partecipazione all’incursione militare in un aeroporto siriano nella quale sono stati uccisi, sgozzati, 250 soldati dell’esercito regolare di Assad.