
Non è giusto che i processi,
indipendentemente dagli esiti, debbano durare per anni e così impattare sulla vita delle persone condizionandole pesantemente e, in alcuni casi, rovinandole. Carnelutti diceva che “il processo è già una pena”. In realtà, nel nostro sistema, a volte, è la più grave delle pene.
Mi chiedo che senso abbia nei processi penali l’appello del Pm a fronte delle sentenze di assoluzione. Se uno è stato assolto in un processo, magari con un pubblico dibattimento, perché fare ulteriori processi, per anni? Discutere ulteriormente, a fronte di una assoluzione già decisa non fa altro che far perdere credibilità al sistema. E allora perché, paradossalmente, non creare un meccanismo di controllo terzo anche per le scelte dei Pm di non impugnare certe assoluzioni? Dico questo perché la Giustizia non può apparire come la ruota della fortuna.
Poi c’è il tema della prescrizione. Le nuove norme approvate sull’onda di un giustizialismo demenziale avranno l’effetto di eliminare sostanzialmente questo istituto. Il risultato sarà quello di consentire che i processi possano durare all’infinito. Le persone potranno essere tenute prigioniere nei processi anche per buona parte della loro vita.
Quando si parla di anomalie della Giustizia, si dice sempre che la responsabilità è dei Giudici. Però, per essere intellettualmente onesti, occorre dire che le regole sbagliate le fanno i politici.
Buona domenica e buona settimana.
Roberto Cota


