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BERNA – 18.11.2019 – Più controlli

e un piano mirato per contrastare la criminalità organizzata. È questa la strategia della Confederazione elvetica nella lotta alla mafia transfrontaliera, a quelle infiltrazioni che, dall’Italia, arrivano soprattutto nel Canton Ticino. La vicinanza geografica, la medesima lingua, gli stretti rapporti di affari e di lavoro e la ricchezza del cantone sono le ragioni per cui la commistione delinquenziale è andata crescendo nel tempo. Lo dimostrano recenti inchieste coordinate dalle Procure italiane soprattutto nelle province di Varese e di Como che hanno svelato questi legami e che hanno fatto scattare l’allarme oltreconfine. Allarme raccolto da Fabio Regazzi, deputato locarnese del Ppd al parlamento federale elvetico e autore di un’interpellanza la cui risposta ha delineato le strategie del Dfgp – Dipartimento federale di giustizia. Nel piano 2020-2023 di lotta alla criminalità organizzata che sta prendendo forma a Berna un occhio di riguardo sarà per il Ticino e che avrà tra i capisaldi la cooperazione transfrontaliere, sia delle autorità giudiziarie, sia delle forze di polizia, che si stanno già sperimentando nelle pattuglie miste di confine.

 

 

 

 

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