VERBANIA – 14.10.2019 – Al culmine di una lite
con la moglie alzò le mani ma, soprattutto, la minacciò di morte puntandole contro un trinciapollo. Fu al Dea che una donna di nazionalità marocchina, nel 2017, disse che le lesioni –refertate con prognosi di 5 giorni– le erano state provocate dal marito e che questi era arrivato a prometterle la morte. Anche se il dissidio tra i coniugi magrebini s'è alla fine ricomposto e lei ha ritirato la querela sporta nei confronti di lui, quest'ultimo è finito a processo al tribunale di Verbania con l'accusa di minaccia aggravata dall'uso di un'arma impropria, un reato per cui la Procura procede d'ufficio e per il quale, pur riconoscendo le attenuanti generiche, ha chiesto la condanna a tre mesi di reclusione, accordata dal giudice con i doppi benefici di legge (sospensione e non menzione nel casellario giudiziale) nonostante la difesa avesse chiesto che cadesse l'aggravante e che, quindi, l'accusa diventasse improcedibile per la remissione della querela.


